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venerdì 18 novembre 2016

Dio di ogni consolazione

Disastrosi terremoti han devastato e continuano a straziare l’Italia centrale.

Esponenti di Chiesa, a fronte di morte e distruzione, si affrettano a spiegarci come esse non siano causate da una natura a volte matrigna, giammai.

Morte e distruzione sono esclusivamente conseguenza delle opere dell’uomo, ché invece i terremoti, nel corso delle ere geologiche, han contribuito al buono e al bello del paesaggio.

Certo si tratta di una reazione alle accuse, rivolte a Dio, di una presunta indifferenza verso le atroci sofferenze inflitte all'uomo dalle opere della creazione.


Sì, ma se la natura fosse sempre benigna, questo giustificazionismo dovrebbe valere anche per tsunami, uragani, piogge di meteoriti ecc.

Di fatto, nell'enfasi attribuita alle colpevoli opere dell’uomo quali unica causa di ogni male, si intravede una vena a stampo giudiziario, una mentalità che nega a caso e fatalità ogni cittadinanza all'interno della storia e che riconduce qualunque evento alla ristretta logica retributiva di un colpevole (causa) che provoca danni (effetto).

Una forma di giustizialismo emersa con chiarezza dalle parole del Vescovo ai funerali di Amatrice (*), quasi  che a tutti i cuori straziati lì presenti, fosse di consolazione sapere che il loro dolore ha dei colpevoli che verranno perseguiti e presumibilmente puniti, in un impossibile riequilibrio sulla bilancia del dolore.

Ma forse è davvero questo che volevano sentirsi dire, a lenimento delle proprie ferite, gli smarriti sopravvissuti e gli stravolti soccorritori.
E i giornali, le televisioni, i lettori, gli spettatori e tutta la pubblica opinione.

Espressione, purtroppo, di un dolore che sembra chiedere più vendetta che compassione.

Comprendo la sofferenza dei terremotati, ma mi permetto di dissentire dalle parole del Vescovo.

Per me, il Dio che mi hanno insegnato, il Dio in cui credo, continua proprio ad essere, sempre e soltanto: “il Dio di ogni consolazione”. (**)







1 commento:

  1. Come un pastore egli fa pascolare il gregge
    e con il suo braccio lo raduna;
    porta gli agnellini sul petto
    e conduce dolcemente le pecore madri
    (dal capitolo 40 di Isaia)

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