L’altra mattina ero già sveglio quando lui mi ha portato la
colazione.
Il cibo era più abbondante del solito e allora gli ho fatto
quegli occhi così dolci come solo a me riesce.
È rimasto seduto sul divano ad aspettare che ripulissi di
gusto tutto il piatto.
Se non era per me, nella casa c'era tutto silenzio, così ho
abbassato la voce, ma mentre lo abbracciavo ho sentito che grosse lacrime uscivano
dai suoi occhi fino a bagnarmi tutto.
Allora ho pensato che forse non mi ero pulito bene o che
avevo qualcosa di sbagliato, magari una malattia che lo preoccupava.
Mentre aspettavo che mi passasse la corda ho anche notato
una cosa strana.
Lui continuava ad annodarla e scioglierla in un modo strano
e complicato, l’ha persino legata a un gancio, tirandola poi con tutte le
forze.
Dopo però mi ha scostato i capelli dal viso e mi ha dato un
bacio, ci siamo ancora abbracciati stretti stretti e allora ero di nuovo
tranquillo.
Ma quanto ho tremato poi, vedendo che se ne andava senza di
me, chiudendo rapido la porta senza voltarsi e senza un saluto, lui con la
nostra corda e io abbandonato lì da solo a singhiozzare.
Per quanto mi sforzassi di pensare, non trovavo nulla di
brutto che avessi combinato di recente e per cui mi meritassi un castigo così
terribile.
Mi sono anche ricontrollato tutto e ho visto che mi ero
lavato bene come al solito, pronto per la passeggiata.
E allora perché?
Dopo ci si è messa anche la pipì, che mi scappava tanto, ma io
mi sono sforzato di trattenerla e ci sono riuscito.
Ormai rassegnato ad aspettare che lui tornasse, più tardi ho
sentito una sirena avvicinarsi, un’auto fermarsi fuori casa e il campanello suonare.
La moglie, che prima parlava con voce tesa al telefono,
corre ad aprire agli uomini e alla donna con le pistole.
Loro sembrano molto imbarazzati, non sanno che parole usare,
ma lei capisce e aggrappata alla poliziotta mora inizia a piangere.
Piange e piange e piange.
Così io mi sono fatto coraggio e con cautela mi sono
avvicinato, scodinzolando piano piano, perché improvvisamente anche a me veniva
da piangere e dovevo stringermi a qualcuno.
Per fortuna lei sente le unghie dei miei passi sul
pavimento, si gira, resta qualche secondo interdetta e infine mi prende in
braccio.
Allora io inizio a leccarle delicatamente ma con decisionemtutto
il viso, una volta e poi un’altra, e poi non la smetto più.
Perché ho capito che lui, col nostro guinzaglio, si è
incamminato per una passeggiata lunghissima, così lunga che il mio piccolo
cervello non riesce a immaginarne la fine.
**** liberamente ispirato ad una tragica notizia di cronaca
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