Essendone mia moglie
appassionata, sin da fidanzati iniziai a seguire il Festival di Sanremo, ma sempre con blanda attenzione.
L’edizione 2017,
terminata ieri, per me segna invece una
svolta.
Una svolta intravista, sperata
e realizzata: mi sono seguito tutte le puntate con attenzione, ma direi
soprattutto con voracità.
Quando, in seguito ad
un grave malore che ti ha messo in
pericolo di vita, passata l’emergenza, vieni ricoverato, capisci che in
ospedale, se ti vuoi riprendere, devi comportarti da ingordo.
Quindi dormire ogni
volta che ce la fai, mangiare tutto quello che ti viene servito, andare in bagno e lavarti ogni volta
che è possibile, non dimenticare di assumere le compresse, controllare che la
flebo gocci regolarmente, che l’ossigeno arrivi ecc.
Nessun’ arma da combattimento va trascurata, ma
generosamente oliata, allo stesso modo della carne del rancio.

Insomma, anche tornarsene a casa in tempo per il Festival
di Sanremo, è diventata via via una possibilità concreta, e la manifestazione s’è
trasformata per me, potendola seguire
con mia moglie (mai come in questa occasione duramente provata per causa
mia: Paola ti chiedo scusa e ti
ringrazio), il segno del recupero e
del rientro in una zona di conforto (sì,
proprio una di quelle comfort zone
che i guru della managerialità tanto schifano).
Niente di speciale, ma anche il festival
della canzone italiana, nella sua banalità, può diventare celebrazione di vita,
perché poi in fondo, da cosa è costituita la nostra esistenza, se non da un
buon 60% di benedette
banalità?
benedetta playstation
shock traumatico
benedetta playstation
shock traumatico