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mercoledì 17 marzo 2021

la pallavolista incinta e il vaccino

E' di questi giorno la notizia della pallavolista chiamata in giudizio dalla società ex datore (datrice?) di lavoro per i presunti ingiusti danni dalla squadra subiti a seguito di improvviso (!) e non concordato stato interessante in cui la signora era inopinatamente incorsa

Generale la riprovazione nei confronti delle esose mire societarie.

Generale e ampiamente giustificata, data l'assoluta incomparabilità tra il diritto naturale a procreare e il diritto ad un posto in classifica.

Questo ci insegna come le verità emergano con evidenza quando a contatto con un reagente sensibile, quale, nel caso in questione, non l'istinto di sopravvivenza della specie, pure esso in gioco, ma piuttosto la comune sensibilità verso un desiderio di procreazione insopprimibile, rispetto al quale passano in secondo piano le opposte ragioni di stampo venale.

Purtroppo non sempre abbiamo un reagente di tale forza, e così si confondono in acritica scala di priorità altri contrapposti diritti.

La comprensibile e doverosa solidarietà verso la pallavolista sfuma così in diffidenza e ostilità verso chiunque manifesti dubbi a vaccinarsi contro il Covid-19, sebbene anche qui sia in gioco un insopprimibile diritto naturale, quello della sopravvivenza individuale a fronte di un danno del tutto ipotetico ed eventuale in caso di mancata adesione al vaccino.

Se desiderate generale comprensione e solidarietà, puntate tutto sulla gravidanza (anche se siete una coppia di maschi)...o sulla sua interruzione...


Cosa ci dice la storia della pallavolista Lara Lugli

Lara Lugli, la pallavolista senza stipendio perché incinta

giovedì 4 marzo 2021

Domani è già oggi

Ospedale enorme, coi fabbricati nuovi a fronte di quelli originari, tutti comunque in uso.

Parcheggio libero, parcheggio a misura di stadio completamente pieno, forse un migliaio di auto, chissà che file dentro, ma dentro è già una parola grossa, per arrivarci devi percorrere mezzo perimetro della Mole, di già in solitaria.

Superato l'ingresso, silenzio e deserto, rari utenti sperduti negli spazi alti ed ampi, nessuna coda, nessuna caciara, devo andare al CUP per 2 volte e in entrambi i casi mi chiamano il numero mentre ancora il biglietto sta uscendo dalla macchinetta.

Una guardia solitaria che mi prende la temperatura è l'unica presenza nel districarmi tra centinaia di sedie vuote d'attesa, su decine di file, sino a raggiungere la trincea degli sportelli, da cui sbucano, opache e silenziose, fluide presenze officianti ticket.

Nessun ritardo, all'esame mi chiamano puntuali, ma quando poi esco sotto il sole abbagliante mi dico che una pandemia in cambio di puntualità svizzera è un prezzo tragicamente esoso, ridateci code e ritardi!

E la marea di macchine abbandonate fa pensare a persone, coppie, famiglie, giunte a un controllo per un po' troppo di tosse e invece ingoiate dentro il mostro di cemento, sedate in un cubicolo, se non addirittura digerite ed espulse.

Di tutti loro restano soltanto, ingombranti lapidi, le cocenti, abbacinanti auto.

mercoledì 3 marzo 2021

Avanti c'è posto già domani

Telefono al numero prenotazioni visite mediche e anziché il solito avviso che sono il 112° in coda, ecco che sono il 5° fin da subito.

Neanche 2 minuti e prendo la linea con l'operatrice, ho da prenotare un'ecografia, in genere va a 5/6 mesi dopo e spesso all'altro capo della regione.

Invece domani nelle vicinanze.

Anziché rimanere soddisfatto, ne resto sorpreso e prostrato, perché non è segno di efficienza, ma sintomo del disastro in cui siamo precipitati, del terrore anche solo di uscire di casa, di entrare in un posto pubblico e soprattutto se si tratta di un ospedale.