Ospedale enorme, coi fabbricati nuovi a fronte di quelli originari, tutti comunque in uso.
Parcheggio libero, parcheggio a misura di stadio completamente pieno, forse un migliaio di auto, chissà che file dentro, ma dentro è già una parola grossa, per arrivarci devi percorrere mezzo perimetro della Mole, di già in solitaria.
Superato l'ingresso, silenzio e deserto, rari utenti sperduti negli spazi alti ed ampi, nessuna coda, nessuna caciara, devo andare al CUP per 2 volte e in entrambi i casi mi chiamano il numero mentre ancora il biglietto sta uscendo dalla macchinetta.
Una guardia solitaria che mi prende la temperatura è l'unica presenza nel districarmi tra centinaia di sedie vuote d'attesa, su decine di file, sino a raggiungere la trincea degli sportelli, da cui sbucano, opache e silenziose, fluide presenze officianti ticket.
Nessun ritardo, all'esame mi chiamano puntuali, ma quando poi esco sotto il sole abbagliante mi dico che una pandemia in cambio di puntualità svizzera è un prezzo tragicamente esoso, ridateci code e ritardi!
E la marea di macchine abbandonate fa pensare a persone, coppie, famiglie, giunte a un controllo per un po' troppo di tosse e invece ingoiate dentro il mostro di cemento, sedate in un cubicolo, se non addirittura digerite ed espulse.
Di tutti loro restano soltanto, ingombranti lapidi, le cocenti, abbacinanti auto.
Di tutti loro restano soltanto, ingombranti lapidi, le cocenti, abbacinanti auto.
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